Fabrizio Cerri è uno dei volti più noti del basket giovanile, per capirlo basta osservare il suo lunghissimo curriculum.

La passione per la palla a spicchi, e per il ruolo di coach, risale addirittura a quando era ancora minorenne; infatti, a soli 17 anni iniziò a fare l’istruttore di minibasket, con l’Audax Livorno, con il quale contemporaneamente giocava.

Da lì una serie infinita di esperienze, nel 1986 con il minibasket della Pallacanestro Livorno, e poi, sempre con la “Triglia che schiaccia”, con le varie formazioni giovanili, fino al 1995. Sono poi seguiti incarichi con la Liburnia, il DLF Livorno fino ad arrivare, nel 1997, alla Serie B femminile, con l’UISP.

Dopo due anni in rosa ecco il ritorno alla Pielle, con la formazione allievi, nella quale cresce talenti del calibro di Biancani e Marmugi, e poi Acli Stagno, Liburnia, Junior 2000, prima dell’ennesimo ritorno in casa Pielle, dal 2005 al 2017. Nelle ultime stagioni, Ies Pisa, US Livorno, prima dell’esperienza dirigenziale, mancava…, con il Fides Livorno.

Nella prossima stagione lascerà la scrivania per rituffarsi sul parquet, il suo vero, grande amore, alla guida di un gruppo giovanile della Pallacanestro Valdera. In questa intervista ci spiega i motivi della scelta.

Qual è stata la motivazione che l’ha spinta a lasciare la sua città natale?
Allontanarsi da casa è sempre un disagio, a maggior ragione da una città come Livorno nella quale si respira basket ovunque; detto questo, ho scelto la Pallacanestro Valdera perché ne vale la pena, mi hanno convinto le persone genuine che fanno parte dello staff e per il forte desiderio che mi hanno dimostrato nel volermi con loro”.

Cosa si aspetta da questa nuova esperienza di Valdera
Mi aspetto di trovare una situazione nel suo complesso eterogenea, perciò credo che dovremo impegnarci nel formare un ambiente sportivo con una sua propria identità, sia tecnica che motivazionale”.

Mi faccia un bilancio della sua esperienza, da dirigente, con Fides
L’esperienza si è conclusa anzitempo perché sentivo irrefrenabile la voglia, l’esigenza, di stare sul parquet; la mia scelta di fare una anno da dirigente era stata fatta per capire come si sta dall’altra parte della barricata e conoscere meglio un aspetto, quello dirigenziale, a me sconosciuto. Ho capito che le parti in gioco, se vogliono ottenere dei risultati, devono parlare continuamente, confrontandosi sempre a carte scoperte sapendo che ci possono essere opinioni diverse, ma che vanno ascoltate e capite. Un lavoro lungo, che mi ha fatto crescere professionalmente”.

Lei, con Valdera, seguirà le formazioni giovanili, in cosa differisce l’impegno rispetto alla prima squadra?
Banalmente direi che una prima squadra deve sempre provare a vincere, utilizzando al meglio quelle che sono le proprie risorse e caratteristiche tecniche e fisiche. In una squadra giovanile, le parole squadra, risultato, classifica dovrebbero avere una valenza marginale in favore di altri termini come crescita individuale, sia tecnica che fisica, rispetto dei tempi di maturazione, riscoperta dei fondamentali, mentalità”.

Alla fine della prossima stagione, sarebbe contento se?
Se i dirigenti mi portano a cena – dice ridendo – in una bella tenuta della zona!!! A parte le battute, vorrebbe dire che avrò lavorato negli interessi della società e non nei miei. Nello specifico e nel quantificabile, mi piacerebbe vedere un paio di elementi del mio gruppo in grado di fare scelte autonome e che riuscissero a giocare alla pari con i più grandi”.

Photocredits: Alessandro Solimani

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