56 anni, tanti ne sono serviti ai Denver Nuggets per riscrivere la storia della franchigia, iscrivendo per la prima volta il loro nome nell’albo d’oro dei campioni NBA. Lo hanno fatto grazie alla vittoria, in gara 5 dei finali playoff, contro la grande sorpresa stagionale, quei Miami Heat arrivati alla finalissima pur partendo dal Play-In, con lo scalpo eccellente dei grandi favoriti Boston Celtic nella finale della Eastern Division.

Una vittoria che ha il nome di Nikola Jokic, anche nell’epilogo della Serie protagonista di una prova sontuosa, fatta 28 punti e 16 rimbalzi, ennesima “doppia doppia” di una stagione indimenticabile. Nuova prestazione con i fiocchi che ha regalato al centro serbo il titolo di MVP delle Finals. Accanto a Jokic, ottime le prove del “supporting cast”, Michael Porter Jr., anche lui in “doppia doppia” (16 punti e 13 rimbalzi), e Jamal Murray.

La vittoria di Denver non deve però far dimenticare la grande stagione di Miami, che ha lottato fino alla fine, guidando a lungo la contesa. A coach Spoelstra non sono bastati i 21 di Butler ed i 20 di Adebayo, ma, oltre alla inevitabile amarezza per la sconfitta, in Florida deve esserci grande soddisfazione per la finale raggiunta, la sesta negli ultimi 13 anni, ad ennesima grande testimonianza del lavoro di “back office” di quel guru che è Pat Riley, uno che ha vinto, e vince, da giocatore, coach e dirigente.

Il percorso

Ma come le “pepite” sono arrivate ad alzare il trofeo? Un percorso che parte da lontano, dalla “Regular Season”, chiusa con il miglior record ad Ovest, fatto di 53 vittorie e 29 sconfitte. Nei playoff, le “pepite” hanno prima regolato Minnesota per 4-1, per poi incrociare i Phoenix Suns di Chris Paul e Kevin Durant. In molti pensavano che la corsa potesse arrestarsi in Arizona, ed invece è arrivato un netto 4-2 che ha alimentato le ambizioni di titolo, fortificatesi in semifinale. Di fronte ai Nuggets, c’era la squadra più titolata della Lega, i Los Angeles Lakers, protagonisti di un finale di stagione da copertina e capaci di mandare a casa i Golden State Warriors. Ed invece i “lacustri” sono stati spazzati via, con un sonoro 4-0 che ha regalato il titolo di Conference, miglior risultato nella storia delle “Pepite”, poi superato con la vittoria del titolo.

Il coach

Se sul parquet la stella cometa è sicuramente Nikola Jokic, determinante è stato il lavoro fatto in panchina da Michael Malone; il coach di New York, stagione dopo stagione, ha fatto crescere Denver, passando dalle 33 vittorie della sua prima stagione, nel 2016, al titolo appena ottenuto, lavorando con grande dedizione, sempre supportato dalla società che non lo ha mai messo in discussione, nonostante i mancati playoff nelle prime tre stagioni. Curiosamente, anche suo padre è stato coach NBA, con Toronto e Cleveland; e l’essere figlio di allenatori importanti è un po’ il “fil rouge” che lega tutto lo staff tecnico delle “Pepite”.

Oltre a Malone lo sono anche i vice Ryan Saunders, rampollo del compianto Flip ex coach di Minnesota, Detroit e Washington, e David Adelman, il cui padre arrivò fino alla finale NBA con i Portland Trail Blazers. Della serie, buon sangue non mente…

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